giovedì 15 dicembre 2011

Se cercate un buon libro..

Rock sentimentale di Patrizia Rinaldi
Non gli succede mai, ma se qualcuno lo chiamasse col suo nome, Antonio non si volterebbe. Fin dall’ultima classe delle elementari tutti lo chiamano Moo – Io mi chiamo Moo, perché faccio le cose dopo o non le faccio. Rispondo: ‘Mo’, adesso, in napolitan. – E se insistono – Moooo!– Frequenta, senza particolare infamia e senza alcuna lode, le superiori e cammina per la periferia di Napoli immaginando di essere a Londra. Suona il basso e canta in una band metallara, chiamata, senza nessuna precisa ragione, R.U. Ha molti amici: tra tutti, il suo preferito, è Pisolo, che la sera lavora nella pizzeria dei suoi e ha sempre sonno. E una sorella, dai folti capelli ricci e biondi, che si chiama Maria Stella. Rispondo sempre così, quando mi dicono: ‘Sei la sorella di Moo?’ ‘Mi chiamo Maria Stella’. Studia molto, legge tantissimo, colleziona parole difficili, cerca termini sempre migliori e più articolati, per raccontarmi le idee e le suggestioni, è segreta e più saggia della sua età e difende da tutti, insegnanti compresi, il suo essere com’è. Moo e Maria Stella hanno una madre, Mau –Mau sta per Mena Assunta (prima nonna) Umberta (seconda nonna) – che, pur  ancora affannata da antichi guai – una carriera di cantante lasciata a metà, una sorella morta – tutto sa e/ o intuisce della vita dei figli e un padre che si vede poco.
Sono i protagonisti di Rock sentimentale di Patrizia Rinaldi, tra qualche giorno in uscita per le edizioni El. Un libro “dai quattordici anni in su”, che, come ogni gran “libro per ragazzi”, è godimento puro per giovani e adulti: i primi che ci si ritroveranno, i secondi che li scopriranno in una luce più autentica. Un equilibrio perfetto tra freschezza della storia e inventiva di lingua, condensate in una luminosità di scrittura cui corrisponde  una felicità di lettura. Una costruzione narrativa perfetta, senza artifici e senza apparente sforzo: come se il testo fosse germinato “naturalmente”, da solo.
Una famiglia normale nella sua “diversità” – la grande narrativa, come la vita, sa bene che non esistono “tipi”, ma solo specifici individui/personaggi – così descritta da Maria Stella: A Moo non è piaciuta la mia idea, a me non piace il canto di mia madre, mio padre ha da dire su tutta la comitiva. Perfetto. Nel profondo del mio cuore, giù in miniera molle, tuttavia so che ci amiamo con correnti marine vivaci di caldo e freddo. Le correnti formano vortici e così ogni tanto ci portano verso il pavimento del mare e ci lasciano senza fiato. Nondimeno, bello nondimeno, sul pavimento del mare, si possono trovare monili (ornamenti di oro o di gemme), conchiglie sane tra quelle fratturate, resti umani, velieri, testimonianze del passato agghindate talvolta persino con coralli rossi.
Una città ben precisa, anzi una “zona”, la Napoli della periferia occidentale, quella che affaccia sull’ex Italsider,  non ha, tuttora, riguadagnato completamente il mare e prende la metropolitana per andare “al centro”. Un luogo in cui la criminalità organizzata è un pericolo riconosciuto come sempre incombente, ma sapendo bene che non è né l’unico male né l’unica realtà, anzi che può talora essere usata come alibi per  altri guasti.
Il crescere – con quello che davvero conta, la famiglia, la scuola, le relazioni con gli amici, i primi amori, le prime scelte. Un romanzo di formazione, come giustamente è qualsiasi storia (buona e bella, vorrei dire, o, per lo meno, non distruttiva) che riguardi adolescenti. Dove le vicende che colpiscono l’amico del cuore fanno ridefinire caratteri, posizioni, relazioni di tutti i personaggi: a cominciare, naturalmente, dallo stesso Pisolo, che si riapproprierà anche del suo vero nome, Sergio. Crescono tutti i protagonisti principali, in questa storia, madre compresa ed è gradevolmente evidente come, se i genitori, oltre ogni scelta consapevole, educano i figli a loro immagine e somiglianza, i figli, a loro volta, educano i genitori (in entrambi i casi vale, pare, soprattutto, per le madri).
Libro intelligente, ironico, profondo con levità, questo Rock sentimentale di Patrizia Rinaldi, dove la quotidianità, con le sue ripetizioni e le sue scoperte, le sue noie e le sue accelerazioni, diventa avventura decisiva della vita. Perfetta la psicologia dei personaggi, che sanno di vita vera: tutti, anche quelli minori.
Splendido il linguaggio, che meriterà un approfondimento a parte: qui, il lessico familiare, il gergo giovanile della periferia occidentale napoletana, l’inglese delle canzoni, il dialetto, la lingua forbita di Maria Stella, i nomignoli che concentrano stratificazioni di senso diventano la lingua vera, l’unica che i personaggi potrebbero parlare e in cui formulano pensieri: ma con una brillantezza, una icasticità, una freschezza e veridicità, una dirompente allegria che solo una bellissima elaborazione scritta può dare. Ancora una volta, per la Rinaldi, dopo Pianoforte, un testo “musicale”: che ha il ritmo della vita quando il “comunque” riesce, con discrezione, pudore ed eleganza dell’anima, ad abbracciare tutti i movimenti dell’essere.

La signora di Ellis Island di Mimmo Gangemi
La signora di Ellis Island di Mimmo Gangemi, edito da Einaudi, è il romanzo del Novecento calabrese. Se il panorama editoriale italiano si arricchisce di un libro di grande spessore narrativo, scritto con lo stile asciutto di una formidabile maturità espressiva, la Calabria trova, nelle pagine di Gangemi, la voce giusta per raccontare il suo ultimo secolo, facendone, insieme, grande letteratura e memoria ineludibile.
Gangemi realizza, in questo suo libro, il miracolo che riesce compiutamente a pochissimi scrittori che affrontano vicende con forti elementi autobiografici: quello di non far emergere le passioni e gli umori della cronaca attuale, ma di raccontare il passato nella sua essenzialità: con sguardo scevro di rimpianti e di rimbrotti, di rivendicazioni e di rimpianti.
La saga contadina della sua famiglia diventa così il cammino aspro e doloroso, pieno di sacrifici e mai da protagonisti, che strati popolari hanno fatto in Italia, a Sud come anche in alcune parti del Nord, per uscire dalla povertà, istruirsi, cercare strade che gli consentissero di “scegliere” e non “subire” il loro “destino”. La signora di Ellis Island è per questo il libro che nettamente più e meglio rappresenta il cammino dell’Italia unita in un momento in cui l’editoria sforna molti romanzi sui centocinquanta anni della nostra storia unitaria.
Attraverso l’emigrazione – dramma e opportunità di accumulare piccole “ricchezze” – la tragedia delle due guerre mondiali con l’annessa avventura coloniale italiana, si snodano le vicende dei tanti personaggi del libro: i loro rapporti familiari, i matrimoni e le nascite; il legame con la terra; l’aderenza alla fede religiosa e l’attenzione alle “magarie”, la sostanziale estraneità ai partiti e alle vicende politiche; la difficile conquista del saper leggere e scrivere; la lentissima modificazione, grazie in particolare all’istruzione, della posizione di subordinazione delle donne. Personaggi, uomini e donne, tutti di grande verità: esistenziale e narrativa.
Romanzo di solido impianto e di stile cristallino, scevro da qualsiasi ammiccamento verso il lettore, scritto per l’intima esigenza di rendere il giusto tributo agli avi e per riannodare il presente a coloro che ci hanno preceduto, La signora di Ellis Island è tra i pochissimi libri di questa dozzina d’anni di nuovo secolo su cui si può scommettere che resteranno.
Arrivati d’un fiato a pagina 619, resta il magone che prende quando un gran libro finisce e un senso di pena perché i passi avanti sono stati pagati a prezzi carissimi – a partire dall’abbandono delle campagne. Ma, anche, una grande serenità: se la Calabria può raccontarsi così, ha energie per costruire, nonostante tutto, nuovo futuro.


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