lunedì 17 dicembre 2012

Il Papa, i diritti civili, la campagna elettorale



Sarei pronta a scommettere che – togliendo le parti specificamente “religiose”, che interessano solo i cattolici e i primi cinque paragrafi del punto 4 del messaggio di Benedetto XVI per la XLVI Giornata Mondiale Della Pace, 1° Gennaio 2013 – tutto il resto, ove mai venisse letto, sarebbe largamente condiviso. Quanto ai quei primi cinque paragrafi, sono stati ampiamente riportati, tagliuzzati e con titoli cubitali, da tutta la stampa e hanno innescato polemiche pesanti con attacchi anche virulenti al pontefice.

Ci sarebbe da fare, come in altre occasioni, un discorso sul tasso di informazioni e di deformazioni dell’attuale Comunicazione, resa più facile, ampia e democratica, ma anche più superficiale e a colpi di slogan dalla diffusione dei social network. Ma lo eviterò.

Ce ne sarebbe anche un altro sui responsabili della comunicazione del Vaticano, che dovrebbero conoscere bene le leggi dei media, per cui non risulta molto credibile il loro “stupore” di fronte a reazioni che non si poteva proprio dubitare avrebbero creato, in questa come in altre situazioni, frasi ed espressioni, che risultano decisamente più taglienti del resto dell’intervento papale. Ma eviterò anche questo discorso.

E proverò, da cittadina qualsiasi, a dire la mia nel merito.

Sul “diritto naturale” ho sempre avuto molti dubbi. Perché l’uomo è “natura” che non comprende se stesso senza “cultura”, per cui non può che interpretarsi se non attraverso pensieri e parole cui la variazione dei tempi e dei luoghi conferiscono sfumature differenti e imprescindibili anche a ciò che pure, resta, in esso, fondamentalmente identico.

Il matrimonio è munus mater, ovvero la forma giuridica che, nel tempo, è servita a dare un nido certo alla prole. Qui il discorso si fa lungo e tonnellate di studi di genere ne hanno sviscerato le caratteristiche di subordinazione della donna. Cosa che, a mio parere, non ha scalfito il nucleo fondante: il matrimonio ha in sé la potenzialità delle nuove nascite. Ergo, prevede come attori un uomo e una donna.

Non avrei personalmente accettato una “convivenza”, che mi sa di potenziale “transitorietà” delle scelte, ma, appunto, ne parlo solo per me e non ho nulla da dire su chi, invece, questa scelta la fa (magari, in maniera transitoria verso il matrimonio). Comprendo, ma non trovo convincente la scelta dei pacs, ovvero una diversa forma giuridica per regolare diritti e doveri della coppia rispetto a se stessa e ai propri figli. Se mi si chiede, socialmente, di laurearmi per insegnare, di prendere la patente per guidare, senza che io possa esibire un diverso tipo di laurea o di patente, regolare per legge una forma “para-matrimoniale” corrisponde certo ad una sempre crescente “liquidità” delle relazioni, ma segna un doppio binario su cui più di qualche perplessità mi sembrerebbe sensata.

Quanto agli omosessuali, non ho dubbio che vada, invece, istituita una forma di patto civile che garantisca, se vivono in coppia, i loro reciproci diritti. Ma il termine matrimonio mi sembrerebbe una presa in giro della lingua. E sulle adozioni: sono certa che, in singole situazioni, i bambini possano crescere felici con due madri o due padri, ma, in termini di principio, no: hanno bisogno di un riferimento materno e paterno, non da “coniuge A” e da “coniuge B”, ma proprio da “madre” e “padre”, uomo e donna.

Su aborto ed eutanasia mi sono più volte espressa, quindi, stavolta, posso esimermi.

Dimenticavo: la famiglia. Beh, la famiglia, in relazione agli affetti, si declina in ogni situazione giuridica o meno in cui due o più persone convivono con rispetto e amore; in senso più costituzionalmente proprio è fondata sul matrimonio.

Detto questo, mi auguro che i prossimi due mesi di campagna elettorale, già infelicitati da troppe contorte parole, non siano fagocitati da tematiche di straordinaria importanza – per i riflessi sull’impostazione giuridica dello Stato e per le ricadute su persone in carne ed ossa – che dovrebbero essere sottratte a scontri ideologici e riportati nell’ambito di una riflessione possibilmente pacata e costruttiva. Non tra “destra” e “sinistra”, “laici” e “cattolici”, ma, semplicemente, tra “cittadini”.

Che si richiamano magari, nell’insieme,  ad alcune scelte ideali fondamentali, ma ognuno dei quali ha una sua esperienza esistenziale e un suo modo di inquadrare gli eventi. E chi la pensa in maniera differente non è un appestato.
 
Il messaggio integrale di Benedetto XVI si può leggere sul sito del Vaticano: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/peace/documents/hf_ben-xvi_mes_20121208_xlvi-world-day-peace_it.html

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