venerdì 16 agosto 2013

La conca di Occhio e la scuola






O… o…o.

Dovevo essere all’inizio delle medie, quando, tra i compiti a casa, me ne diedero uno supplementare. Cercare perché quel luogo – ne avevo evidentemente parlato con tono affascinato – si chiamasse proprio così.

Non avendo né mezzi né strumenti per un’effettiva ricerca, andai per alternative immaginate. E immaginare non era difficile, che la bellezza del luogo, semplice e assoluta, colmava gli occhi.

Da allora ad oggi, la bellezza è stata ampiamente deturpata da una micidiale combinazione: insipienza politica, economia fantasmatica, debolezza culturale, intrallazzi, disinteresse al bene comune, miopia sociale e via di questo passo. Tuttavia, come capita a certe donne, cui né rughe né rilassamento dei contorni tolgono del tutto il fascino ch’avevano da ragazze, la bellezza resta tanta.

Oltre la bellezza ancora salvabile c’è tutta una storia – la consapevolezza di un passato lunghissimo e complesso – da recuperare.

Mi chiedo se, nelle scuole, non si potesse impiegare anche lo schema, non originale, ma molto utile, che ho utilizzato per Nisida. Un gruppo di scrittori che lavorassero in classe, insieme agli insegnanti, tra realtà e immaginazione, in maniera che greci e romani e saraceni e pirati ecc. ecc. fino allo sbarco alleato del 1943 entrassero a far parte dell’immaginario dei ragazzi, ne rafforzassero le radici antiche e, insieme, la capacità d’essere parte consapevole del mondo attuale

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