mercoledì 30 ottobre 2013

Rosa candida, o della scoperta lieve della paternità






Dopo aver scoperto, su indicazione di un’amica, Rosa candida, ho letto anche un altro volume dell’autrice islandese tradotto in italiano, La donna è un’isola, ancora una storia in cui è il rapporto con un bambino a far maturare il/la protagonista. Un testo (la cui parte finale è una carrellata di ricette respingenti fin dal titolo, tipo “bistecca di balena”) decisamente più debole del precedente, ma Rosa candida mi è sembrato una bella, lieve, fresca storia di formazione.


Un ragazzo poco più che ventenne – il padre, affettuoso e apprensivo, che cucina per lui le ricette della madre, morta da poco più di un anno, un fratello disabile mentale che vive in un istituto, una figlia di pochissimi mesi nata da una relazione durata un quinto di notte – lascia l’Islanda per andare sul continente, con le sue talee una rosa simile alla candida,
una specie rarissima dai petali color porpora con corolle a tre strati di otto petali ciascuna, per curare il giardino, già grandioso e ora in declino, di un convento. 

Rosa candida di Audur Ava Ólafsdóttir, tradotto da Stefano Rosatti, pubblicato da Einaudi, è un libro dai profumi delicati e persistenti, uno di quelli che lasciano addosso la serenità di certe favole che, senza parere, dicono qualcosa di importante sulla vita e la morte, su chi siamo e che cosa vogliamo fare della nostra vita.

Giardiniere per vocazione e quasi per genetica poiché la sua passione per le rose continua lo stesso amore della madre e padre per caso, il giovane Lobbi – che viene raggiunto al monastero dalla giovane madre della sua bambina, Anna, alle prese con la sua tesi di genetica e dalla piccola e bionda Flóra Sól – intraprende un viaggio verso la maturità degli affetti e delle relazioni. Il finale apre al positivo, ma non è banalmente scontato. 

Un racconto incantato come il roseto dello sperduto monastero, un narrare delicato ed autentico. Duecento pagine che si potrebbero finire in due ore e piace, invece, centellinare in due giorni per rimanere ancora dentro lo stato di grazia di un libro semplice, scorrevole, senza trama ad effetto e frasi sentenziose, capace di rendere chiari i giovani sentimenti confusi.

Un libro che riposa e rinfrasca il cuore, l'unico rischio è che venga una gran voglia di un viaggio in Irlanda.

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