domenica 21 settembre 2014

Anime Nere. Il dibattito sì





Che tu possa concludere con la speranza, Maria è disarmante, al di là del pezzo, che mi è piaciuto.

La speranza non sta nella situazione che è disperata, ma nel fatto che negli ultimi anni, da Gangemi a Criaco (senza dimenticare il tuo L’estate che perdemmo Dio) la Calabria ha cominciato a “leggere” la parte brutta che contiene in sé: e, questo, secondo me, è il primo, fondamentale passo che le può consentire di non perdersi definitivamente

Forse. Io sono molto pessimista, su questo.

Non hai torto ad essere pessimista, ma, per amore alla mia terra, nel caso voglio essere gramsciana: il pessimismo dell'intelligenza e l'ottimismo della volontà; grazie dell'attenzione e buone cose a te.


Queste battute su fb tra me e Rosella Postorino (ne approfitto per rimandare alla lettura del suo ultimo libro Il corpo docile) riguardano il pezzo che segue, Anime Nere. Il favorite di Africo al mondo pubblicato su Zoomsud.

Come è giusto che sia per un film tanto atteso e di argomento così forte, Anime Nere di Munzi (e Criaco) sta innestando dibattiti che, probabilmente, continueranno e si approfondiranno, quando dalle reazioni a caldo si passerà alla fase del ripensamento.


Questa, comunque, è stata la mia prima impressione:


È stata la grande cortesia di Gioacchino Criaco a farmi scoprire appena due anni fa l’estrema bellezza, non solo paesaggistica ma di energie umane, di Africo.*
Paese che, prima, avevo conosciuto solo in troppi titoli di cronaca nera e giudiziaria, nell’omonimo testo di Stajano e nel libro dello stesso Gioacchino, Anime Nere. (Avrei letto, poi, gli altri suoi due libri, Zefira e American Taste)
Rivedendo ieri, nel film di Munzi da qualche giorno in programmazione in Italia, il casolare dove ospiti gentili avevano imbandito un profumato e saporoso favorite, mi ha fatto piacere pensare che quel pranzo è offerto, adesso, a chiunque vorrà vedere la versione cinematografica del testo di Criaco (di nuovo anche in libreria, riedito da Rubbettino).
Un pranzo, s’intende, di conoscenza: quel genere di conoscenza, fatta di idee ed emozioni, di respiri trattenuti e di occhi spalancati, di tagli sul cuore e di pensieri che non ti lasciano, di buio che s’illumina, di luce che s’oscura e di oscurità in cui s’accende nuova luce che solo alcuni libri (alcuni quadri, alcune musiche) e alcuni film riescono a trasmettere.
Quando qualcuno – nel nostro caso, l’autore del libro e il regista di Anime Nere – è capace di restituire, al lettore e/o allo spettatore, la sua visione di un pezzo di mondo: non nella superficialità di una foto banale, ma nello scatto intenso che radiografa frammenti d’anima.
Non sono identici libro e film. Anzi, in qualche modo, il film appare come un possibile epilogo del primo. Nel libro, il viaggio infernale dei tre amici si muove dalla Calabria verso il Nord Italia e l’Europa. Nel film, dai traffici mondiali, due fratelli tornano dal terzo in Calabria, dove la storia era iniziata (un articolo di giornale ci rimanda all’epoca dei sequestri di persona) e dove esploderà, meglio imploderà, in un finale inevitabilmente tragico.
Né nel libro né nel film, c’è traccia di lotta tra Bene e Male. Domina il Male ed è il Male, nel film ancora più evidentemente che nel libro, ad autodistruggersi.
Dopo aver per decenni mescolato, senza mai digerirle, pre e post-modernità, passioni ancestrali e indifferenze emozionali, residui d’abitudini secolari e rinnovata strafottenza ad ogni norma altra dalle proprie, ambiguità e complicità d’ogni tipo, in una frammentazione familiare superiore ad ogni diversa evidenza e in un paganesimo che nessuna litania riveste di cristianesimo – il fuoco (delle armi e del falò) annienta ciò che, prodotto dalla storia, storicamente deve morire.
Un libro è un libro e un film è un film. Vanno giudicati come tali. E Anime Nere è un libro da leggere e un film da vedere. Ma, se un libro e, soprattutto, un film sono vivi, non c’è dubbio che possono entrare a far parte del comune sentire, che orientino, in qualche modo, lo sguardo sul mondo**.
In questo senso, le Anime Nere di Munzi (e Criaco) può modificare una serie di cliché sulla Calabria e dire una parola forte sulla ‘ndrangheta. Termine, peraltro, che nel film non viene pronunciato mai.
Se una società si sa leggere, se una comunità sa dirsi – se, insomma, sa guardarsi, riconoscendo la vertiginosa bellezza delle sue vallate, la bruttura delle sue case a metà, l’ipocrisia di certa sua religiosità, il vuoto di certa sua etica, l’asfissia di certe sue relazioni, i lividi che ne imbruttiscono il volto, la vergogna di troppa sua vigliaccheria, la miseria di certa sua ricchezza, il nulla di certi suoi obiettivi di contro ai fascinosi orizzonti che stanno sotto i suoi occhi – non è del tutto finita.
Ha, ancora, nonostante tutto, un possibile cammino verso un’altra parola-realtà, domani, cui la pessima retorica non può togliere il senso di possibile speranza che il futuro porta in sé.



Pubblicato su Zoomsud:
http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/72979-anime-nere-il-favorite-di-africo-al-mondo.html



Le foto si riferiscono alla domenica raccontata nel già citato pezzo Africo Antica. Il miracolo della Calabria che non c'è più

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