sabato 18 luglio 2015

Angela e la bambina






Ho visto più volte, senza riuscire a staccarmene, il video di Angela e la bambina, ovvero la replica della cancelliera tedesca alla domanda della bambina palestinese che teme, dopo quattro anni di quiete dai campi profughi, di dover lasciare la Germania di cui ha appreso la lingua e in cui sembra essersi ben integrata.

Non c’è dubbio che la risposta che avrebbe impedito alla bambina di piangere e che non sarebbe diventata virale è qualcosa come: “Tu sei tanto brava, vedrai che il tuo futuro sarà meraviglioso…”.

La Merkel, invece, non prova neppure una risposta empatica (magari falsa, ma gradevolmente falsa) e cerca una replica oggettiva alla complessiva richiesta della bambina, che riguarda certo se stessa ma anche tutti quelli che stanno nelle sue condizioni.

E così, una delle donne più potenti del mondo, la più forte leader europea (leader; di statisti non se ne vedono in circolazione) e una ragazzi dagli occhi scintillanti rendono plasticamente, in pochissime battute, quello che è uno dei drammi del nostro tempo.

Da una parte le speranze, le attese, la voglia di una vita più facile del sud-sud del mondo e dall’altra l’incapacità dell’Europa di farsene carico oltre una certa misura.

E sebbene dei problemi del sud-sud del mondo, l’Europa abbia storiche responsabilità – l’attuale incapacità non è solo frutto di egoismi, paure, striscianti (o evidenti) razzismi ecc. ecc., ma è una difficoltà reale.  

Che la Merkel non nasconde neppure a una bambina (mentre la Germania, di fatto, accoglie più e meglio di tutti gli altri; e la bambina palestinese resterà nel suo nuovo paese non per concessione di simpatia, ma in base alla nuova normativa tedesca).

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