giovedì 2 giugno 2016

Il diario di preghiera di Flannery O' Connor, ovvero le scamorze mistiche








«Vorrei tanto riuscire a avere successo in questo mondo riguardo a ciò che voglio fare. Ti ho pregato per questo motivo con la mente e i nervi e al colmo della tensione ho detto: “Oh, Dio, Ti prego” e “Io devo” e “Ti prego, Ti prego”», «Ti prego, fa’ che i princìpi cristiani pervadano la mia scrittura e fa’ che i miei scritti (pubblicati) siano numerosi abbastanza per diffonderli», «Per favore aiutami caro Dio a essere una brava scrittrice e a riuscire a far accettare qualche altra mia opera. Certo, questo è così lontano da ciò che merito, che naturalmente sono colpita dalla mia sfrontatezza», «Ti prego di far sì che la storia, caro Dio, nelle sue revisioni, sia scritta in maniera talmente chiara da scongiurare interpretazioni false &meschine (…) Non so, caro Dio, ma vorrei che ti prendessi cura di farla sembrare una buona storia perché non so come, proprio quando non riuscivo a scriverla, è arrivata.», «(…) voglio essere una brava scrittrice. Ogni successo tenderà a montarmi la testa – anche inconsciamente. Se mai riuscirò a diventare una brava scrittrice non accadrà per il mio talento ma perché Dio mi ha fatto credito per quelle poche cose che Egli ha gentilmente scritto per me. In questo preciso momento questa non sembra la Sua politica. Non riesco a scrivere nulla. Ma continuerò a provare – questo è il punto.»

Tra il gennaio1946 e il settembre 1947, Flannery O’ Connor scrive un Diario di preghiera, ora pubblicato in Italia da Bompiani, da cui emerge la profonda convinzione dell'allora giovane universitaria che il suo destino terreno è essere una scrittrice, e che tale destino corrisponde alla sua vocazione trascendentale per santificarsi: «Voglio essere l’artista migliore che mi è possibile essere, al servizio di Dio.»

Ma l’aspetto più generalmente interessante di queste pagine è quel sentirsi in difficoltà rispetto alla preghiera («Non c’è nessuno che mi insegni a pregare?»), che probabilmente sperimentano tutti coloro che provano quotidianamente a rivolgersi a Dio, il bisogno di legare insieme il profondo radicamento alla terra con la spinta a rivolgersi all’alto: «Quello che chiedo è davvero molto ridicolo. Oh, Signore, vado dicendo, al momento sono una scamorza, fai di me una mistica, immediatamente» e l’urgenza di sperimentare un proprio, personale colloquio con Dio: «Non intendo rinnegare le preghiere tradizionali che ho detto tutta la vita; ma le dico e non le sento. La mia attenzione è sempre molto fuggevole. In questo modo sono attenta in ogni istante. Posso sentire un calore d’amore che mi riscalda quando Ti penso & e Ti scrivo. Ti prego non lasciare che le spiegazioni degli psicologi lo raffreddino di colpo. La mia intelligenza è così limitata, Signore, che posso solo affidarmi a Te per preservarvi come dovrei essere.»

Un libro, quindi, non solo per chi apprezza la O' Connor, per anche per tutti quelli che si chiedono il senso della preghiera, che si domandano come pregare (c'è una risposta di Gesù che ognuno deve rielaborare), che si interrogano sulla sincerità, sull'effettiva fede-speranza-carità del proprio rivolgersi a Dio.


Notarella sull’edizione italiana: Il libro è stato pubblicato solo in edizione cartonata (e non c’è in ebook). Ha 110 pagine, di cui 39 (da pagina 17 a pag 56) sono costituite dal Diario; da 5 a 16 ci sono la (bella) prefazione di Mariapia Veladiano, l’introduzione di Sessions e la nota del curatore e da pag. 57 a pag 110 la riproduzione del manoscritto della O’ Connor, che può interessare, immagino, solo pochissimi specialisti dell’autrice in questione. Il costo è, comunque, relativamente contenuto: 11 euro.

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