domenica 10 luglio 2016

Al Monastero della Visitazione di Ortì (Reggio Calabria)







 Lasciato alle spalle il centro della città, si comincia a salire per curve che attraversano una vallata di bellezza travolgente. La macchina va, ne incontri non più di due o tre in senso contrario, il cellulare non ha più campo, (il che ti sgomenta, perché fa un po’ impressione sentirsi potenzialmente persi ad ogni contatto), continui a salire, nel verde, tra cielo e mare. 





Quando arrivi, la bellezza ti fa mancare il fiato: per l’affaccio sullo Stretto, la Sicilia e la Calabria che quasi si toccano in un mare così immobile che quasi non appare liquido, sembra dipinto e per questo monastero di clausura che ha poco più di dieci anni (in questa sede; è stato costituito a Reggio a metà del 700), ma sembra antico, meglio: fuori dal tempo, semplice, austero, essenziale. C’è musica in chiesa: Mozart, Pergolesi, Hendel, al di là della grata scorre veloce il velo d’una suora, tutto è impregnato di silenzio. 




Mi viene da pensare che in un mondo che considera ormai superfluo il cristianesimo, un reperto inutile d’altri tempi, i cristiani potrebbero (dovrebbero?) ricominciare da tutta l’infinita bellezza (musica, pittura, poesia) con cui hanno irrorato i secoli.

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