sabato 20 agosto 2016

Suor Mirella, eremita a Gerace




Suor Mirella Muià con Giuseppe Laganà

C’è un piccolo monastero in Calabria dove abita un’unica suora, eremita.

Suor Mirella, facendo rivivere la chiesa di Monserrato, prova a far germogliare un ramo nuovo dalla vecchia radice, recuperando quel rito greco, in cui la parte ionica del reggino si è lungamente identificata, prima che il rito latino, a metà del Quattrocento, diventasse la sua unica tradizione religiosa.

Parla di luce, suor Mirella: la luce che la Genesi racconta promanare da Dio e attraversare la creazione (non c’è mai, dice, mancanza di luce, la luce penetra il buio, lo attraversa, anche quando non la vediamo); la luce della Trasfigurazione, che non è esperienza solo di Cristo, ma quello che ciascuno è chiamato a vivere. 

Icone dipinte da suor Mirella nella chiesa di Monserrato

Racconta la sua vita (da Siderno alla docenza alla Sorbona a Gerace), di sua figlia e del suo nipotino, risponde alle domande degli ospiti, chiede notizie sul loro lavoro e le loro attività. Parla con tono dolce e parole precise, ascolta con attenzione accogliente, il corpo raccolto, le mani che si muovono leggere.

Il discorso spazia su molti temi e si concentra su religione e società, sulla mancanza di speranza ormai diffusa non solo in Calabria, del permanere in un Venerdì santo che non si apre alla Resurrezione, in un presente che non sembra più avere né passato né futuro.

Temi complessi, svolti senza pesantezza: lievemente. Si sorride spesso, a qualche battuta si ride. 

La cupola della chiesa di Monserrato

La stanza è in penombra, una piccola finestra si affaccia sui colori di alcuni fiori. La luce sembra concentrarsi tutta negli occhi di suor Mirella. Il suo volto riluce di un’intima lampada.

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