sabato 6 agosto 2016

Visita al Museo di Reggio Calabria






Sono stata al Museo di Reggio. La prima volta dopo la sua riapertura totale. È stata una visita di due ore, troppo breve per una valutazione più complessiva.

(Chi come me ha frequentato molto il vecchio museo in anni lontani deve fare i conti anche col rischio di non apprezzare abbastanza la nuova disposizione perché i ricordi di queste sale sono legati a momenti belli della sua giovinezza.)

Non è aperta la terrazza (grande delusione per me); ci sono, ma non sufficientemente visibili le indicazioni sul miglior percorso (si è naturalmente indotti a vedere prima il piano terra e poi salire, mentre è meglio partire dall’alto); la sala dei Bronzi lascia qualche perplessità (non doveva esserci l’effetto-mare alle pareti?); i pinakes, le mie adorate tavolette di ceramica che narrano il mito di Persefone sono, con mio disappunto, sparse in varie sale.



Ma la luce è assoluta, gli ambienti danno un senso di grande apertura, i reperti dicono che non c’è una contrada di Reggio che non abbia una storia antica fatta anche di bellezza e di industriosità.

Un signore, uscendo, commenta: “La cosa particolare di questo Museo è la gran caciara…” Sarebbe stato meglio dire che, nel Museo, c’era tanta gente, soprattutto tante famigliole con bambini anche piccoli, tutti allegri e festosi: un gran bel vedere e, anche, un piacevole sentire.



La cosa più bella, emozionante, del nuovo Museo è che non è più, come è stata per qualche tempo, solo la casa dei Bronzi. I Bronzi restano spettacolari, ma sono uno spettacolo insieme a tanti altri spettacoli. L’Archeologico di Reggio non ruota intorno a loro, così come il Louvre ne è arricchito, ma non ruota intorno alla Gioconda.

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