giovedì 1 settembre 2016

Il sorriso delle melagrane





Nel dialetto reggino, al contrario dell’italiano, gli alberi sono femminili e i frutti maschili: ‘a mmendulara, ‘a ficara, ‘a livara, ‘a nucara, ‘a ranatara.

Di tutti i frutti sacri – quelli in cui maggiormente si concentra la storia della mia terra: il retaggio, ignorato eppure vivente almeno fino ad una cinquantina di anni fa, del passaggio di greci e romani, ebrei e bizantini, normanni e turchi, francesi e spagnoli; il sudore degli nonni, la creatività delle nonne – le melagrane,‘i ranati*, prodotti da ‘e ranatare, sono quelle che più mi avvolgono in un senso di meravigliato stupore. (‘I ranati sono anche i grani dei rubini e, per estensione, anche di altre collane).



Ne seguo la crescita, aspettando di poterle cogliere e portare a casa. Non per usarle (anche se alcune si fanno dessert, insolito risotto, colorata gelatina o entrano in qualche insalata particolarmente festosa o vengono gustati semplicemente sgranandoli). Ma per poterle avere accanto, guardare, respirare.

Come se la loro presenza fosse un antidoto al male dell’oblio, un dono votivo ai mille spiriti che sotterraneamente ci percorrono.

Dal mito di Persefone che avendo mangiato il seme di melograno, cibo dolce come il miele, passa due stagioni agli Inferi e poi torna sulla terra, dalla madre Demetra, al tempo del fiorire primaverile e della fruttuosa estate (i pinakes locresi del Museo archeologico reggino ne conservano intatto il fascino). Al Cantico dei Cantici che tra i titoli di bellezza della sposa elenca le sue guance come spicchio di melagrana: Ero discesa nel giardino delle noci, per osservare i frutti delle valli, per vedere se la vigna fosse fiorita, se avessero germogliato i melograni. Io ti prenderò, ti condurrò nella casa di mia madre, là mi istruirai, io ti darò da bere il vino drogato ed il mosto delle mie melagrane (Cdc 6, 11).



Simboli parlanti a più religioni, le melagrane sono segni di inattese e profonde connessioni tra la nostra e altre culture, lontane nel tempo e nello spazio.

Dalla Grecia alla Turchia, infatti, dal Vietnam alla Cina tuttora i frutti del melograno, quali simboli di fecondità vengono fanno parte dei festeggiamenti di nozze (già in epoca romana, alle spose venivano acconciati i capelli con rametti di melograno). Le melagrane appaiono nel Corano, come esempio delle cose buone create da Allah e come frutto che sta nel Paradiso. Nella Bibbia, fanno parte dell’elenco dei beni della terra promessa Paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele” (Dt 8, 8). Nella tradizione ebraica, si ritiene che ogni melagrana abbia 613, equivalenti alle 613 prescrizioni della Torah. E, nella cultura cattolica, sono presenti numerose Vergini col melograno: da Santa Maria del Granato di Capaccio Vecchio (Salerno) al bellissima Madonna con la melagrana di Botticelli.

Sparsi per casa, in soggiorno, all’ingresso, in cucina, ‘ i ranati rilasciano un profumo sottile e un sorriso di bene.

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