sabato 15 ottobre 2016

Microstorie: Apprendista cristiana







La palma, poi cresciuta snella e altissima, era ancora piccola e bassa; l’albero di annone non c’è più, è seccato da tempo, ma quello di cotogne continua a ripetere ogni anno il suo ciclo stagionale. 

In quel piccolo triangolo irregolare di terreno, Anna aveva trasformato in falò decine e decine di suoi quaderni d’appunti, poesie, scritti di vario genere. Da ragazza aveva paura di morire improvvisamente lasciando allo sguardo degli altri la sua intimità denudata sui fogli. Quelli che le sembravano avere addosso almeno un velo, periodicamente li tagliuzzava a coriandoli; quelli che più, negli occhi d’un altro, l’avrebbero imbarazzata li bruciava.

A sessanta anni ormai passati, le capitava talvolta di avvertire un’ombra di malinconia per tutte quelle pagine che le avrebbero ora permesso di leggere frammenti della sua autobiografia dell’anima.
A grandi linee, le si stava come maturando dentro la consapevolezza – nitida sebbene dentro strati di nuvole – di chi era stata e di chi, nel tempo, era diventata. Una sorta di rivelazione di sé, per quanto in abbozzo. Un po’ come il rovescio di un ricamo che, pure nell’intrigo dei fili, consente di intravvedere il disegno del dritto. 

Stava per arrivare al punto in cui il suo io profondo avrebbe reclamato un tempo e uno spazio per fare memoria di tutto il suo cammino da apprendista cristiana. 

Era cattolica da quando era nata – tra la sua nascita e il suo battesimo era passato meno di un mese – e il suo cammino aveva superato molte fasi, alcune più serene altre più inquiete e/o tormentate, altre ancora di lontananza dalla religione. 

Ancora una volta (era già successo, sarebbe ancora accaduto) il suo rapporto con la religione e la fede, stava passando e ripassando ad un setaccio molto fine. Ne aveva un respiro di consapevolezza trattenuto, quasi una coscienza inconsapevole, ché a pensarci troppo profondamente un senso di vertigine l’avrebbe annichilita.

Non sapeva quanto le sarebbe costato quel travaglio, quanto sarebbe durato e dove l’avrebbe portata. Sapeva, però, che senza una risposta precisa a quella domanda: “Ma voi chi dite che io sia?”, la sua esistenza non avrebbe mai avuto un senso reale.

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