mercoledì 29 novembre 2017

La frontiera di Alessandro Leogrande




Alessandro Leogrande con Gioacchino Criaco alla Feltrinelli di Napoli, 6 luglio 2017

Ho cominciato a leggere La frontiera di Alessandro Leogrande il giorno in cui è stata annunciata la sua morte. 

La frontiera è un libro quasi intollerabile su quella linea sottile che separa ed unisce il mondo nostro, quello libero, democratico, ricco, e quello dei vari Sud del mondo, illiberali, antidemocratici, poveri, da cui partono le migliaia di persone per approdare, quando non muoiono in mare, da noi. 

Racconta il dolore illimitato che percorre il mondo, senza che noi ne abbiamo sufficiente attenzione, consapevolezza e cura (chi di noi ricorda, per esempio, che l’Eritrea, da cui provengono così tanti immigrati, è stata una nostra colonia?)

Leogrande racconta storie terribili nella loro nudità. Con parole precise e miti.

Il suo è un libro che fa star male. 

E che andrebbe letto per aprire gli occhi su realtà che troppo spesso scivolano davanti ai nostri occhi: un distacco, un’indifferenza, un’ignoranza su cui il futuro non ci assolverà.

domenica 26 novembre 2017

Natale





 
Nisida, Laboratorio di Arte presepiale


Sostare in un incavo bleu
come lo spicchio di luna
cullato da nuvole lievi.
Voglia di una luce calda
nel buio, di mandorli fioriti
nel cuore dell’inverno.
L’anima anela Natale.

mercoledì 15 novembre 2017

Fine pena: ora di Elvio Fassone






Ho letto un libro eccezionale, che racconta un’esperienza ancora più eccezionale. Ne sono stata profondamente colpita.

In Fine pena: ora, (Sellerio) Elvio Fassone narra la sua esperienza di magistrato che, dopo aver condannato un giovane mafioso pluriomicida all’ergastolo, intraprende con lui una oltre trentennale corrispondenza.

Un libro che trasmette al lettore emozioni tanto più forti quanto più sobria è la forma, contenuta dentro i limiti della sobrietà del giurista.

Un libro che merita di essere letto e discusso per la vicenda che racconta e per la domanda che pone: se sia giusto o meno mantenere nel nostro ordinamento l’ergastolo.

Personalmente, non sono favorevole all’abolizione dell’ergastolo. Pena terribile, certo, ma non mi sembrerebbe corretto, da parte della comunità, sanzionare con qualcosa di meno crimini di particolare efferatezza. Sono però convinta che l’ergastolo, anche quello inizialmente “ostativo”, al pari di altre pene meno pesanti, vada periodicamente riconsiderato rispetto all’effettivo percorso fatto dalla persona che, avendo un tempo commesso un reato tremendo, è nel frattempo diventato una persona diversa. Insomma: se, in sede di processo, non mi sento di cassare il “fine pena: mai”, una volta verificato il positivo percorso del condannato, mi sembrerebbe una vittoria della persona in questione e della collettività nel suo insieme che un giudice potesse firmare: “Ora è tempo di porre fine a questa pena”.