mercoledì 15 novembre 2017

Fine pena: ora di Elvio Fassone






Ho letto un libro eccezionale, che racconta un’esperienza ancora più eccezionale. Ne sono stata profondamente colpita.

In Fine pena: ora, (Sellerio) Elvio Fassone narra la sua esperienza di magistrato che, dopo aver condannato un giovane mafioso pluriomicida all’ergastolo, intraprende con lui una oltre trentennale corrispondenza.

Un libro che trasmette al lettore emozioni tanto più forti quanto più sobria è la forma, contenuta dentro i limiti della sobrietà del giurista.

Un libro che merita di essere letto e discusso per la vicenda che racconta e per la domanda che pone: se sia giusto o meno mantenere nel nostro ordinamento l’ergastolo.

Personalmente, non sono favorevole all’abolizione dell’ergastolo. Pena terribile, certo, ma non mi sembrerebbe corretto, da parte della comunità, sanzionare con qualcosa di meno crimini di particolare efferatezza. Sono però convinta che l’ergastolo, anche quello inizialmente “ostativo”, al pari di altre pene meno pesanti, vada periodicamente riconsiderato rispetto all’effettivo percorso fatto dalla persona che, avendo un tempo commesso un reato tremendo, è nel frattempo diventato una persona diversa. Insomma: se, in sede di processo, non mi sento di cassare il “fine pena: mai”, una volta verificato il positivo percorso del condannato, mi sembrerebbe una vittoria della persona in questione e della collettività nel suo insieme che un giudice potesse firmare: “Ora è tempo di porre fine a questa pena”.

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