martedì 9 gennaio 2018

A schema libero di Lou Palanca







«Si sa, c’è del marcio in Danimarca. Quando ero un servizio, servivo: lo Stato, la Storia, la Tradizione, il Gladio. Mi trovavo nelle intersezioni più recondite e inconfessabili della cronaca. Ora incrocio definizioni suggestive e ne induco la scoperta per solutori mediamente abili, ma stimolando l’impegno e la curiosità di principianti e occasionali frequentatori delle parole crociate.»

L’enigmista che prepara un grande tabellone in cui incrocia parole che hanno segnato la sua vita si trovava per caso a Reggio al momento della rivolta del 1970 quando, da poliziotto, era iniziata per lui un’imprevista carriera all’interno dei servizi segreti. Ormai in pensione, è rientrato a Reggio «per capire, per riavvolgere il nastro, per la convinzione che molte storie qui hanno avuto il loro inizio e possono trovare la loro spiegazione.» Infatti, «furono stretti patti d’onore in quei mesi, in quegli anni. Tra gli apparati in cui militavo, all’incrocio tra lo Stato democratico e quello atlantico, border line tra visibile e inconfessabile, mescolando neofascisti un po’ esaltati con le famiglie della Piana e della città che avevano capito da qual parte stare, comunque quella vincente.»

L’uomo, già poliziotto, poi membro dei servizi segreti e infine enigmista, che ripercorre le fasi della rivolta reggina, rovistando tra i fatti noti e quelli più oscuri («Nella confusione della Rivolta vidi nascere patti e accordi che non sapevo né potevo giudicare, poiché a me, era consentito soltanto di nobilitarli con l’onore e la fedeltà»), è, in realtà, il personaggio principale di un romanzo che Margherita, giornalista di una tv privata, sta segretamente scrivendo.

Calabrese di nascita, Margherita ha «sempre conservato un rapporto polivalente con questa terra: amore, odio, rabbia, indifferenza, sentimenti contrastanti che mi invadono quando ci rimetto piede e riecheggiano quando sono lontana.» «Forse – si dice scendendo in treno verso la casa dei genitori – l’unico elemento che continua a tenermi legata a questa penisola spinosa è proprio il mare. Ma è sufficiente una bella spiaggia, un panorama coinvolgente o un fondale cristallino per riappacificarsi con la propria terra? Credo di no, non basta più decantare acque e monti, non basta più crogiolarsi nelle temperature che ci addolciscono la vita, così come non basta più rintanarsi in quello spiccato senso di ospitalità che, ahimè, sempre più spesso rasenta l’invadenza e trasuda curiosità pronta a divenire invidia. (…) La Calabria manca di un sogno collettivo e l’abbandono, la rassegnazione, la trascuratezza, se non l’incuria, sembrano sempre più contraddistinguere il suo volto come il suo vissuto. Come se stesse suicidandosi, ingerendo lentamente dell’acido. Incredibile da credere, insopportabile finanche come metafora.»
Non parla a caso di acido, Margherita: è che, rimasta molto colpita dalla morte (per suicidio?) d’una dirigente comunale reggina, contatta un professore mezzo anarchico, Vincenzo Dattilo, grande conoscitore della storia e dei fatti della regione. Grazie a lui, attraverso lo schermo dell’enigmista, cerca di collegare i fili che porterebbero dalla Rivolta del Boia chi molla alla tragica scomparsa di Orsola Fallara. Sarà la stessa Margherita, in una serie di avventurose e pericolose circostanze che la vedranno anche sulla scena di un omicidio, a recuperare registrazioni scottanti sui torbidi intrecci che hanno attraversato la storia della regione e del paese.

A schema libro di Lou Palanca, ovvero di un collettivo costituito da Valerio De Nardo, Nicola Fiorita e Maura Ranieri, recentemente pubblicato da Rubbettino, è, come rilevano gli stessi autori, «un romanzo di docufiction, calato nella realtà, dalla quale trae, apertamente e senza travisamenti, ispirazioni e materiali.» Mescolati a fatti e personaggi di fantasia, ritroviamo, in questo testo, l’intervista a Ciccio Franco realizzata da Oriana Fallaci, la sentenza di condanna di primo grado di Paolo Romeo nel 2001, l’editoriale di Pasolini sulla scomparsa delle lucciole.

L’intento, pregevole, è quello di «allargare lo sguardo su Reggio Calabria, sulla sua storia recente, che è un capitolo aperto della biografia di una nazione», consapevoli che «la storia di questa città va obbligatoriamente raccontata, scrivere di Reggio è una necessità.» E che la Rivolta reggina costituisce uno spartiacque che segna una profonda distinzione tra il prima e il dopo della storia locale (con intersezioni non piccole nella storia nazionale), una ferita a lungo aperta nel rapporto tra cittadini e politica, ma anche una sorta di grande romanzo popolare, con tante sfaccettature (epiche, drammatiche, da feuilleton, ecc. ecc.). Romanzo che ormai, a quasi cinquanta anni dagli eventi, chiede prepotentemente di essere scritto.


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